Al Forum internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione di Cernobbio il presidente nazionale Coldiretti Sergio Marini ha tracciato le linee guida per orientare l’azione del mondo politico. Dall’esigenza di un governo globale di beni comuni come il cibo contro gli effetti di una globalizzazione senza regole fino all’etica che deve traguardare insieme alla politica anche le forze sociali e tutti i cittadini. Una sintesi di queste indicazioni rappresenta un valido strumento per avere la consapevolezza del lavoro trasversale che Coldiretti sta portando avanti. Ecco i punti delinati:
Un governo globale dei beni comuni: è necessario che i decisori politici mettano ai vertici dell’agenda la strategicità del cibo e promuovano politiche che a livello globale definiscano una regia di regole per i beni comuni come il cibo, l’acqua ed il suolo.
Più Europa: occorre lavorare alla costruzione degli Stati Uniti di Europa, dotando l’Unione di istituzioni politiche elette democraticamente. Dal punto di vista del sistema agroalimentare italiano bisogna far sì che la nuova Politica agricola comunitaria riconosca il valore strategico del “modello italiano”.
L’Italia, una, sussidiaria e solidale: la sussidiarietà rappresenta uno strumento per gestire la semplificazione burocratica ed i principi di solidarietà sono indispensabili per superare le diseguaglianze. Quando pensiamo ad “una” Italia facciamo riferimento alla pletora di livelli amministrativi che ostacolano il dispiegarsi del potenziale dell’imprenditoria nazionale.
I nostri punti di forza: gli assets su cui il nostro Paese può e deve puntare, sono di natura materiale ed immateriale: patrimonio storico ed artistico, paesaggio, biodiversità, ricchissima articolazione territoriale, originalità e creatività, gusto e passione, intuito e buonsenso. Risorse che appartengono al Dna del Paese e che garantiscono quel valore aggiunto inimitabile e non delocalizzabile al “saper fare” italiano caratterizzano la nostra agricoltura. Se essa mette in luce elementi di competitività, distintività, innovazione ed eccellenza, è perché ha saputo innovarsi ancorandosi al paradigma antico e non omologabile del Paese.
Il nostro modello di sviluppo: l’Italia che fa l’Italia: è nella nostra capacità di trasferire nei nostri prodotti e nei nostri servizi il valore materiale ed immateriale della distintività italiana e nel rafforzare il nostro saper “fare rete” che troveremo la forza e l’autorevolezza per riconquistare la giusta capacità competitiva.
Le politiche necessarie: alla politica chiediamo un’operazione coraggiosa di verità, giustizia e legalità.
La molla per tornare a crescere: l’Italia è un Paese in cui le scelte economiche, politiche e sociali sono fortemente condizionate da dimensioni emozionali. Elementi come “la fiducia” tendono a ripercuotersi in maniera più che proporzionale sui comportamenti degli individui e delle famiglie.
Far crescere il Pil con il benessere: è tempo di ripensare lo sviluppo in una logica di benessere secondo principi di sostenibilità, etica del lavoro e coesione sociale. Dentro al consumo di cibo c’è la cultura dei territori, la tipicità e la creatività di chi l’ha generato. Dentro al cibo c’è la sicurezza alimentare che noi abbiamo garantito. C’è la qualità e la diversificazione assicurata dalla lotta continua per difendere la biodiversità.
Il valore della comunità: la crisi ci ha fatto riflettere sulla necessità di investire su alcuni valori durevoli, continuativi e che non conoscono erosione: la socialità, l’amicizia, la famiglia, lo stare bene assieme, la spiritualità nelle sue varie espressioni culturali e religiose, la solidarietà.
Etica prima di tutto: in questi anni c’è stato un venir meno dei valori di trasparenza, verità ed assunzione di responsabilità. Ciò, in taluni casi, ha investito anche le forze di rappresentanza, che hanno espresso scarsa progettualità, bassa propensione a rischiare, incapacità di essere punto di riferimento per i loro associati, rimanendo prigioniere di logiche legate a rendite corporative.
15 Novembre 2012
In dieci punti l’Italia che tutti noi vogliamo