Dopo dodici anni di Presidenza mi ritrovo a fare l’inventario di quante cose Coldiretti ha fatto, ma soprattutto di quante ce ne sono ancora da fare. Coldiretti è diventata una forza economica sempre più rappresentativa e per questo si è assunta, in campo sociale ed economico, la responsabilità di fungere da punto di riferimento per il territorio, interpretando un preciso modo di vivere e di essere. Non ci presentiamo più elencando i problemi e chiedendo denari, ma analizzando e discutendo ciò che stiamo facendo per il bene comune. L’ultimo nostro appello è “l’Italia che fa l’Italia”. Una dichiarazione chiara d’intenti: vogliamo un’Italia consapevole dei propri limiti, delle necessità, della propria forza, di ciò che dobbiamo ancora fare. Coldiretti oggi parla di economia e sta creando nuovi posti di lavoro. Stiamo combattendo contro la distruzione del territorio fertile perpetuata attraverso la realizzazione di capannoni destinati a rimanere vuoti ed appartamenti disabitati, la cui realizzazione viene finanziata fino al 120% del loro costo, togliendo liquidità alle imprese agricole che, invece, mettono a disposizione tutto ciò che hanno per garantire prodotti indispensabili per la vita. Siamo una Coldiretti che parla e dialoga con il consumatore, che tutela la propria storia con un agroalimentare che è il più copiato al mondo e per effetto delle lobby non viene tutelato. Il fatto che ancora non esista una legge chiara sull’origine dei prodotti è eloquente. Nonostante questo, Coldiretti sa tracciare i propri impegni e dice ciò che sta facendo, non limitandosi ad una mera elencazione dei progetti futuri. Il mio impegno di Presidente è iniziato nel 2000 con una forte responsabilità. Coldiretti si era definitivamente staccata dalla politica e doveva acquisire una propria autonomia. Dovevamo costruire un rapporto ed una dignità con il mondo esterno, senza mai rinnegare il nostro passato e neppure chi lo ha rappresentato, rispettando l’impostazione che ci aveva fatto crescere. Ho contribuito a far cambiare il fronte ed a farlo comprendere all’esterno. È emerso il valore di Coldiretti, a prescindere dalla politica, riaffermandone autorevolezza e dignità all’interno di un mondo economico e sociale che tende a celebrare se stesso. Con grande sforzo abbiamo acquistato la sede provinciale, oggi punto di riferimento, anche strutturale, per il territorio, per ridurre i costi e migliorare la qualità della risposta con i servizi e senza perdere la rappresentanza politica locale. Stiamo dando risposte alle nostre imprese con la definizione di progetti come i Mercati di Campagna Amica, le Botteghe e lo sviluppo dell’Azienda agrituristica, ma anche attraverso iniziative ancor più ampie, ad esempio con il coinvolgimento dei Consorzi agrari, per valorizzare il prodotto italiano che tutto il mondo ci invidia e tenta di imitare. Non possiamo dimenticare, in particolare, accordi strategici tra cui quello sulla filiera del tabacco, i contratti sulle energie rinnovabili, il contratto sulla carne con le razze italiane ed il contratto sul grano. La strada da seguire è appena iniziata ed ora dovremo metterci in gioco, assumerci delle responsabilità di rappresentanza per proseguire il lavoro svolto, per conservare il livello sociale di credibilità raggiunto. Occorre, però, andare avanti e salire la scala, rendendosi conto che abbiamo fatto poco rispetto al lavoro che ancora ci attende. Solo con progetti che guardano al futuro possiamo scrivere la storia che ci riguarda, perché se ce la scriveranno altri dovremo sottostare alle loro regole. La storia ci deve servire ad evitare gli errori compiuti in passato, rendendoci conto che è importante ciò che dobbiamo ancora fare. Guardiamo al futuro con dirigenti che fanno gli interessi della base associativa.