La Giornata del Ringraziamento provinciale celebrata nella medioevale cornice della città di Marostica, ma anche tutte le altre giornate disseminate nella nostra provincia, ci hanno lasciato una certezza e cioè la fedeltà di Dio! Per noi uomini del mondo agricolo, essa è un’esperienza quotidiana, anche quando siccità, gelo o grandine minano la nostra vita di agricoltori. Noi, infatti, conosciamo il linguaggio delle zolle e dei semi, dell’erba e degli alberi, della frutta e dei fiori. Nei più diversi paesaggi, dalle asprezze montuose alle pianure irrigate, sotto i più diversi cieli, questo linguaggio ha il suo fascino ed in questo linguaggio noi scorgiamo la fedeltà di Dio attestata nel terzo giorno della creazione raccontato dal libro della Genesi: “La terra produca germogli. Erbe che producano seme e alberi da frutto”. Così noi agricoltori siamo naturalmente portati ad essere l’uomini del grazie perché il contatto quotidiano con i prodotti della terra ci fa percepire la Provvidenza divina. Provvidenza che noi vediamo in maniera particolare in questo Natale, in quel seme piantato misteriosamente nel grembo di Maria e diventato vita per l’umanità. Un segno del Natale, ormai diffuso anche nella nostra cultura italica, è l’albero, pino o abete che sia, che suscita riflessioni spirituali. Gli alberi, quando li si guarda con attenzione, quando fai silenzio attorno a te, cominciano a parlare. Un poeta che abitava presso il lago di Costanza vedeva negli alberi dei predicatori preziosi e incisivi: “Non impartiscono insegnamenti o ricette, annunciano la legge fondamentale della vita”. Con la fioritura della primavera, la maturità dell’estate, i frutti dell’autunno e la morte dell’inverno, l’albero racconta il mistero della vita. Per questo motivo gli uomini, nel corso della storia, sono ricorsi all’immagine dell’albero per confrontarsi con i grandi temi della vita. Inoltre, nella nostra epoca, l’albero è icona di come l’uomo tratta l’ambiente, infatti dove gli alberi si seccano e muoiono, significa che l’uomo non sta esercitando la sua missione di essere custode del creato e così diviene chiaro che laddove gli alberi si seccano, anche l’uomo va in rovina. Come gli alberi anche gli uomini ed anche noi agricoltori abbiamo bisogno di radici profonde, perché radicati in profondità possiamo sviluppare in altezza e qualità sapienziale della vita, altrimenti siamo in balia degli eventi. Se poi l’albero viene posto accanto al presepe, a quella mangiatoia culla del divino Gesù, nasce spontanea una riflessione profondamente teologica legata a quell’albero del Paradiso terrestre: albero della vita, della conoscenza del bene e del male. Ora con la nascita di Gesù, il figlio di Dio, è iniziata la nuova creazione. Il primo Adamo volle diventare come Dio mangiando dell’albero della conoscenza del bene e del male e venne la morte, il secondo Adamo, cioè Gesù, pur essendo Dio, non volle essere Dio e, come dice San Paolo: “Spogliò se stesso assumendo la condizione di uomo”: Dalla nascita fino alla morte dalla mangiatoia fino all’albero della Croce. Così possiamo dire con certezza teologica che l’albero vicino al presepe indica la Croce, ma una Croce di vita. Per questi motivi, il messaggio dell’albero di Natale riferito a noi lavoratori della terra, lo rubiamo al Salmista del salmo 1: “...Sarà come albero piantato lungo corsi d’acqua che darà frutto a suo tempo e le sue foglie non cadranno mai, riusciranno tutte le sue opere”.
7 Dicembre 2017
Dalla giornata del Ringraziamento,all’albero di Natale