Latte e cagliate provenienti dall’estero si fanno strada a ritmo sempre più veloce. Ed il timore è che finiscano per impadronirsi di importanti fette di mercato che, attualmente, sono nelle mani delle aziende italiane, da sempre attente alla salute del consumatore e produttrici di alimenti dalle indubbie e riconosciute qualità organolettiche e frutto di costanti controlli lungo tutta la filiera produttiva. Siamo ben consapevoli, però, che continuare a produrre con queste attenzioni significa continuare a lavorare in perdita, mentre altri immettono nel mercato prodotti decisamente diversi, frutto della trasformazione di materie prime talvolta scadenti e nella generalità dei casi con controlli, quando vengono eseguiti, decisamente superficiali. Per questo vogliamo spingere affinché venga riconosciuta l’origine del latte anche negli alimenti trasformati, nei nostri formaggi, che rappresentano una delle eccellenze che tutto il mondo agroalimentare ci invidia. Si tratta di prodotti spesso unici, capaci di attrarre nei territori un turismo di nicchia proveniente da ogni dove per assaggiare i nostri piatti. Tutelare il made in Italy, quindi, significa tutelare l’economia locale, quindi le nostre aziende, che possono continuare a vivere solo se si fanno strada politiche di tutela del prodotto più attente alla qualità ed alla sicurezza e capaci di riconoscere a chi lavora il giusto ristoro per l’attività svolta. Oggi non è tollerabile che il prezzo del latte fresco moltiplichi più di quattro volte dalla stalla allo scaffale, con un ricarico del 328 per cento, che è esploso nell’ultimo anno per il taglio del 20 per cento nel compenso riconosciuto agli allevatori, mentre il prezzo al consumo tende addirittura ad aumentare. Una situazione inconcepibile, tanto più se consideriamo, sulla base delle elaborazioni Coldiretti di dati Ismea, che il latte viene pagato agli allevatori in media 35 centesimi al litro, con un calo di oltre il 20 per cento rispetto allo scorso anno, mentre al consumo il costo medio per il latte di alta qualità è di 1,5 euro al litro, di qualche centesimo superiore allo scorso anno. In altre parole, chi produce deve vendere tre litri di latte per bersi un caffè al bar, quattro litri per un pacchetto di caramelle o una bottiglietta d’acqua al bar, quasi 15 litri per un pacchetto di sigarette. La nostra battaglia per il riconoscimento del made in Italy ed il valore del nostro lavoro deve proseguire con forza. Nella forbice dei prezzi dalla stalla alla tavola c’è spazio da recuperare per consentire ai consumatori di acquistare un prodotto indispensabile per la salute e per dare agli allevatori la possibilità di continuare a garantire una produzione di qualità con standard di sicurezza elevati. Ed a dimostrarlo ci sono gli esempi significativi di gruppi lungimiranti della distribuzione e dell’industria, tra i quali Conad, che prima della manifestazione “Un giorno da allevatore”, che ha visto una nutrita delegazione vicentina sbarcare a Venezia per la protesta che ha animato le più importanti piazze d’Italia, ha deciso di aumentare il prezzo pagato ai produttori di latte. Un’iniziativa di valore che ci auguriamo possa trovare un seguito da parte di altri colossi della grande distribuzione.
19 Marzo 2015
Difendiamo il nostro latte da quello straniero