Ricordiamo il recente invito della Conferenza episcopale italiana “ad interagire con i consumatori perché la qualità diventi prevalente sulla quantità”. Un lavoro che da sempre ci impegna a promuovere modelli di sviluppo sostenibili dal campo alla tavola, che trovano risposta nella fiducia dei cittadini e danno dignità al lavoro agricolo. La globalizzazione dei mercati, a cui non ha fatto seguito quella della politica, ha portato ad un deficit di responsabilità, di onestà e di trasparenza che ha generato la crisi internazionale ed ha drammaticamente legittimato la derubricazione del tema cibo fino a farlo considerare una merce qualsiasi, come fosse un aspirapolvere o un frigorifero. L’attuale scandalo del batterio Escherichia Coli ha determinato grande confusione ed una picchiata nella vendita di frutta e verdura, con la diffusione di consigli generalisti, quali la necessità di lavarsi frequentemente le mani o di lavare bene frutta e verdura prima di accingersi a consumarli. Buone regole, non v’è dubbio, ma che dovrebbero far parte delle quotidiane abitudini di vita. Il vero problema, però, è che manca un’etichettatura d’origine su tutti gli alimenti che ci consenta di comprendere da dove proviene il cibo che stiamo mangiando, a chiaro scapito dei prodotti locali, realizzati con tecniche genuine, con grande attenzione per le modalità di coltivazione e massimo rispetto della stagionalità. Accanto a questo grave e preoccupante episodio, la cui origine sembra essere circoscritta alla Germania, in particolare alla città di Amburgo, è ormai sotto gli occhi di tutti che stiamo vivendo i drammatici effetti di quelli che sono i due furti ai quali sono sottoposte giornalmente le nostre imprese: da una parte il furto di identità e di immagine, che vede sfacciatamente immesso in commercio il cibo proveniente da chissà quale parte del mondo come italiano; dall'altra il furto di valore aggiunto che vede sottopagati i nostri prodotti agricoli, senza alcun beneficio per i consumatori. A farne le spese, comunque, è sempre il mondo agricolo, costretto in queste settimane a dare al macero tonnellate di ortaggi. Non possiamo che condividere la richiesta del presidente nazionale Coldiretti, Sergio Marini: “l’Italia deve chiedere i risarcimenti alle competenti autorità europee per i danni economici subiti ingiustamente dai produttori di frutta e verdura nazionali. Analoghe richieste sono già state formulate dal Portogallo e dalla Spagna per i ritardi e le incertezze accumulati nell’affrontare l’emergenza che hanno alimentato la psicosi”. Una psicosi costata, per i soli cetrioli, crolli di vendite superiori al 90 per cento. Il mondo agricolo, tuttavia non si abbatte. Continuiamo a rimboccarci le maniche, come dimostrano i passi da gigante fatti da quando è operativo il nostro progetto per una “Filiera agricola tutta italiana”, che si propone di sostenere il reddito degli agricoltori eliminando le distorsioni e tagliando le intermediazioni con l'offerta, attraverso la rete di consorzi agrari, cooperative, farmer’s market, agriturismi e imprese agricole di prodotti alimentari al cento per cento italiani, firmati dagli agricoltori, al giusto prezzo. Osservo con piacere che molti produttori hanno compreso questo processo di cambiamento importante, ma tanti ancora devono rispondere agli stimoli che Coldiretti da tempo ha lanciato e che vanno nell’esclusiva direzione della salvaguardia delle aziende agricole. Una salvaguardia che mira a promuovere la diversificazione delle attività in azienda ed a stabilire un legame sempre più forte con i cittadini consumatori, i destinatari finali del nostro lavoro, i soggetti ai quali troppo spesso è celato ciò che sta dietro ai prodotti, al fine di proteggere una filiera distributiva di cui difficilmente si comprende o si conosce l’inizio e la fine. Noi produttori abbiamo smascherato la filiera selvaggia e l’abbiamo resa completamente trasparente, attraverso i Mercati di Campagna Amica, offrendo direttamente al consumatore ciò che produciamo nel territorio. E per chiudere il cerchio ci siamo fortemente impegnati, grazie a Terranostra ed a Coldiretti Donna Impresa, a realizzare il Progetto Scuole e le Fattorie Didattiche, veri e propri laboratori educativi all’interno delle nostre aziende agricole, per insegnare alle nuove generazioni come scegliere i prodotti da mettere sul piatto e, soprattutto, come riconoscere quelli da evitare. Continuiamo a lavorare in questa direzione e cogliamo le opportunità che Coldiretti ci offre giorno dopo giorno.
17 Giugno 2011
Etica e trasparenza devono guidare il nostro lavoro