20 Marzo 2012
I grandi marchi agroalimentari italiani abbandonano il territorio

Apertosi con Parmalat, finita nelle mani della francese Lactalis, il 2011 si è chiuso con un altro storico marchio del made in Italy a tavola che parla straniero. Dopo le recenti indiscrezioni, è stata ufficializzata l’acquisizione del 70 per cento delle azioni di Gancia, la casa vitivinicola nota per lo spumante, da parte della Russian Standard Corporation, società russa leader nella produzione di vodka. Dopo Gancia e Parmalat, un altro pezzo del made in Italy a tavola finisce in mani straniere. L’azienda Ar Alimentari spa, primo produttore italiano di pomodori pelati, è stata acquisita dalla società inglese Princes, controllata dal gigante giapponese Mitsubishi. Il gruppo anglo nipponico ha rilevato il 51 per cento di quote di una società nella quale è confluito lo stabilimento pugliese di Borgo Incoronata della ditta italiana. L’azienda Ar è attiva nella produzione di conserve ed ha un fatturato di circa 300milioni di euro. Solo il 20 per cento delle vendite del gruppo sono realizzate in Italia, mentre il giro d’affari estero spazia fra il 30 per cento per l’Inghilterra, il 20 per cento per la Germania, il 10 per cento per l’Africa, l’8 per cento per la Francia, con una percentuale minore per Grecia, Stati Uniti, Canada, Giappone, Austria e Sud America. L’inglese Princes è controllata dalla Mitsubishi Corporation dal 1989 ed ha realizzato da allora ben 22 acquisizioni e fusioni, classificandosi tra le società europee con maggior rapidità di crescita. Ma questi sono soltanto gli ultimi segnali di un interesse crescente dei grandi gruppi esteri per il made in Italy, con il suo patrimonio di immagine e credibilità conquistato sui mercati. Negli anni scorsi, erano finiti fuori dai confini altri importanti marchi della dieta mediterranea, come Bertolli, Carapelli e Sasso nell’olio di oliva, che sono ora di proprietà degli spagnoli del gruppo Sos. Andando ancora indietro nel tempo, hanno cambiato di mano anche la pasta Buitoni ed i cioccolatini Perugina, ora entrambi targati Nestlè, ma anche i formaggi Galbani, Cademartori e Locatelli, diventati di proprietà della francese Lactalis. Resta, quindi, la preoccupazione per una tendenza che “fa temere per la delocalizzazione in un settore dove la qualità ed il valore aggiunto della produzione agricola italiana ha consentito ai grandi marchi di raggiungere traguardi prestigiosi. In un solo anno sono stati ceduti all’estero tre pezzi importanti del made in Italy alimentare che sta diventando un appetibile terra di conquista per gli stranieri. Un processo favorito dalla crisi, di fronte al quale occorre accelerare nella costruzione di una filiera agricola tutta italiana, che veda direttamente protagonisti gli agricoltori per garantire quel legame con il territorio che ha consentito ai grandi marchi di raggiungere grandi risultati”. Proprio in questa direzione Coldiretti sta promuovendo un’importante percorso di salvaguardia di produzioni e lavoro made in Italy. I numeri non mentono: la denuncia di Coldiretti contro i “falsi di stato” trova l’appoggio di metà delle amministrazioni pubbliche venete. Sono ben 290, infatti, i Comuni che, a tempo di record, hanno deliberato contro “Simest”, la società controllata dal Ministero dello Sviluppo economico per promuovere le imprese italiane all’estero. E nel Vicentino oltre a Camera di Commercio e Provincia di Vicenza oltre 60 amministrazioni comunali sostengono la lotta promossa da Coldiretti contro il falso made in Italy. Nobili le finalità, peccato, però, che l’agenzia speciale ministeriale sia incappata in alcuni casi discutibili, che nulla hanno a che vedere con il tessuto produttivo del Paese. La denuncia di Coldiretti è infatti scattata immediatamente dopo aver scovato, tra i progetti finanziati, la produzione rumena di formaggi di pecora venduti come italiani “Dolce Vita” e Pecorino, ed il sostegno milionario al Gruppo Parmacotto per la vendita di Culatello e Bresaola fatti però negli Stati Uniti. Di fronte a questo scenario non possiamo che continuare, con un’azione forte e convinta, a tutelare le nostre aziende, con le loro eccellenze ed il valore aggiunto che rappresentano e garantiscono per territorio ed economia.

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