26 Febbraio 2010
No alle speculazioni ed alla promozione degli Ogm

Le inefficienze e le speculazioni lungo la filiera agroalimentare nel 2009 sono costate alle tasche degli italiani ed alle imprese agricole oltre sette miliardi di euro con la classifica top ten dei prodotti che hanno subito il maggiore ricarico dal campo alla tavola composta nell’ordine da pane (+1475 per cento), carote (+1050 per cento), pasta (+490 per cento), uva da tavola (+422 per cento), radicchio (+390 per cento), limoni (+374 per cento), clementine (+372 per cento), finocchi (+369 per cento), arance (+364 per cento) e mandarini (+350 per cento) a pari merito con il latte. È quanto emerge dall’analisi presentata da Coldiretti all’incontro d’apertura della recente Fiera Agricola di Verona, “Crisi globale: come ne esce l’agricoltura?” con la partecipazione di esponenti istituzionali, economisti e rappresentanti delle imprese e l’esposizione e l’analisi degli inganni più eclatanti che costano caro ai consumatori italiani ed ai produttori. Secondo l’analisi della Coldiretti l’aumento dei prezzi per i prodotti alimentari è stato dell’1,8 per cento nel 2009, un punto percentuale superiore alla media generale dell’inflazione, nonostante il forte calo dell’11 per cento nei prezzi delle materie prime agricole, che sta provocando la chiusura delle aziende. Pochi centesimi pagati agli agricoltori diventano euro al consumo, con il risultato di un aumento della forbice nel passaggio dei prodotti dal campo alla tavola, durante il quale i prezzi degli alimenti moltiplicano oggi in media cinque volte. Non meno grave è il danno per le imprese agricole italiane causato dal furto di identità: l’inganno del falso made in Italy a tavola, dovuto alla vendita dei prodotti alimentari pagati come italiani senza esserlo, costa 70 miliardi alle tasche dei cittadini e riguarda in Italia due prosciutti su tre venduti come italiani, ma provenienti da maiali allevati all’estero, ma anche tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro che sono stranieri senza indicazione in etichetta ed oltre un terzo della pasta che è ottenuta da grano che non è stato coltivato in Italia all’insaputa dei consumatori. Grave anche il riscontro delle mozzarelle prodotte senza latte. Dalle prime prove Tac effettuate su un totale di 18 campioni di mozzarelle provenienti da diversi caseifici, ben cinque (un terzo) sono risultate “positive al test”, ossia non ottenute esclusivamente con latte fresco. Il risultato delle analisi condotte da Coldiretti grazie a questa nuova tecnologia, messa a punto con la collaborazione della facoltà di Agraria dell’Università di Bari, evidenzia che la metà delle mozzarelle vendute in Italia sono fatte con latte o cagliate straniere. Un inganno che sta mettendo a rischio 43mila stalle italiane, quasi 200mila occupati ed oltre 22miliardi di euro di valore generato dalla filiera del lattiero-caseario, che rappresenta la voce più importante dell’agroalimentare italiano e che vanta anche 36 formaggi tipici a Denominazione d’origine. Ed a questi tarocchi si aggiunge la preoccupante diffusione dei prodotti realizzati a partire da materie prime Ogm. Sull’argomento è stata dura la reazione del ministro dell’Agricoltura Luca Zaia: “la nostra è l’agricoltura non degli Ogm ma della biodiversità, con 4500 prodotti e vini tipici, del milione e 700mila aziende agricole, con il 10 per cento di addetti sotto i 40 anni”. Una cosa è certa, sulla base dei risultati dell’ultima indagine annuale Coldiretti-Swg “Le opinioni di italiani ed europei sull’alimentazione”, il 72 per cento dei cittadini italiani che esprimono un’opinione ritiene che i prodotti alimentari contenenti Ogm siano meno salutari rispetto a quelli tradizionali.

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