21 Ottobre 2013
Riforma Pac e sviluppo rurale 2015-2020

È stato raggiunto un importante accordo politico dal team dei negoziatori di Parlamento, Consiglio e Commissione europea sulla proposta di regolamento di riforma della Politica agricola comune. Un risultato che migliora la proposta iniziale, con una riforma che dal 2015 va verso la sussidiarietà ovvero la possibilità per gli Stati membri di applicare misure secondo i propri modelli di sviluppo agricolo. Viene premiato chi vive di agricoltura, il lavoro, la qualità, i giovani ed il vero made in Italy. Con l’accordo di giugno 2013 del Consiglio agricolo della Ue, il nostro Paese ha chiesto ed ottenuto che alcuni principi cardine fossero salvaguardati: in primis ridurre la platea dei beneficiari della Politica agricola comune, introducendo la figura dell’agricoltore attivo intesa come colui che svolgendo realmente una attività agricola deve essere il vero beneficiario degli aiuti diretti. Altro elemento positivo è l’attenzione verso i giovani, che potranno contare, per la prima volta e per cinque anni dall’insediamento, su un pagamento aggiuntivo degli aiuti diretti alle aziende, oltre alle misure strutturali previste dal futuro Psr. Gli altri aspetti innovativi sulla nuova Pac pongono in evidenza come in futuro il sostegno al reddito delle aziende si basi non più su un regime di pagamento unico per superficie, secondo il modello dei beneficiari storici, ma su un sistema articolato di aiuti diretti con opzioni (sono sette le componenti dei pagamenti diretti), che mirano a selezionare soggetti e territori fruitori. Oltre a questo incideranno l’accordo preso sulla riforma di rendere i pagamenti omogenei nell’ambito di uno Stato membro o regione in base a criteri amministrativi ed agronomici e la convergenza esterna, intesa come l’impegno europeo a ridurre la differenza tra i pagamenti ad ettaro da parte dei singoli Stati membri adottando un meccanismo di ridistribuzione. Il secondo pilastro della Riforma della Pac, lo Sviluppo rurale, sembra puntare ad una semplificazione e ad una maggiore flessibilità, dato che saranno ridotte le misure di intervento e saranno soppressi gli assi che determinavano una rigidità finanziaria. La Regione Veneto ci sta lavorando e speriamo sia disponibile ad aprire un confronto costruttivo individuando priorità di interventi che siano di reale interesse per le imprese agricole. Per noi devono essere sostenuti il ricambio generazionale, l’aggregazione delle imprese di piccole dimensioni, i servizi formativi e di consulenza all’impresa, la ristrutturazione aziendale e la diversificazione delle produzioni, tenendo conto anche delle crisi di mercato e del reddito, l’innovazione delle aziende in connessione alle diverse filiere agroalimentari. Ci preoccupa l’inserimento, nell’ambito del secondo pilastro, della gestione del rischio d’impresa, una misura la cui attivazione potrebbe drenare risorse preziose rispetto alle già ridotte dotazioni. Si auspica anche che per la prossima programmazione vengano tenute in debita considerazione le aree di collina (in Veneto il 15% del territorio) che mai hanno usufruito di priorità e bandi specifici similmente alle altre aree di pianura e montagna. Tutte queste novità, ancora in fase di definizione sia a livello europeo che nazionale e regionale, saranno presto tradotte in regolamenti applicativi sui quali invito dirigenti e soci a prestare la massima attenzione, al fine di cogliere tutte le implicazioni, le conseguenze, ma anche le opportunità per la propria azienda ed il territorio vicentino.

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