Made in Italy ed italianità sono garanzia di qualità e sicurezza alimentare nel mondo. Ma dietro ad una Denominazione c’è molto di più: tradizioni, cultura, turismo ed un indotto produttivo che segue una filiera di cui non è sempre facile conoscere capo e coda. Noi di Coldiretti lo sosteniamo da tempo e ne siamo fermamente convinti, perché produrre rispettando regole che ci siamo tramandati ed a partire da materie prime di qualità è il nostro cavallo di battaglia. Così il nostro territorio rivive, attraverso le produzioni tipiche e chi le interpreta, non ultimi i tanti giovani che si mettono in gioco, quasi a sfidare la generazione precedente, ma senza mai abbandonare i criteri che hanno portato alla nascita dell’azienda di famiglia. Noi di Coldiretti non siamo dei sognatori e neppure inseguiamo obiettivi impossibili da raggiungere, ma vogliamo partire dal presupposto che l’agricoltura è fondamentale per la salvaguardia ed il presidio del territorio. Da qualche tempo sentiamo parlare del Ceta, il trattato siglato dal Canada con l’Unione europea, che mira a diffondere le produzioni delle aziende canadesi o, comunque, con sede trasferita in Canada, per poi reimmetterle nel mercato globale, sfruttando le nostre Denominazioni e, soprattutto, il buon nome ed il prestigio delle nostre eccellenze agroalimentari. Di fronte a questo scempio non possiamo stare a guardare e dobbiamo sollecitare la classe politica ad un maggior senso di responsabilità. In questo processo gli amministratori locali, con in testa la Regione Veneto, tra le prime ad aver detto no al Ceta, ci stanno sostenendo con grande convinzione. Non possiamo negare l’esistenza della globalizzazione, ma dobbiamo pretendere che i sistemi produttivi siano uguali, così come le norme di sicurezza alimentare. Nel caso specifico, in Canada ci sono standard produttivi ben al di sotto di quelli italiani e, soprattutto, vengono impiegati fitosanitari ed altre sostanze in Italia vietati da parecchi decenni. A questo si aggiunge un altro fatto, che deve farci riflettere e che ci fa capire la difficoltà a competere del made in Italy nel mondo globale, almeno con queste regole. Le aziende canadesi, infatti, hanno dimensioni e caratteristiche difficilmente paragonabili con le nostre piccole aziende vicentine, venete, ma anche italiane. Il trattato mette a dura prova molte produzioni. Oltre al nostro Asiago, che esiste già in Canada con la stessa denominazione, in quanto il marchio è stato registrato prima del 2013, tra gli alimenti più minacciati dal trattato vi è il grano, elemento base per la produzione della nostra pasta di qualità made in Italy. Non possiamo assecondare la decisione del parlamento europeo ed auspichiamo che i nostri europarlamentari, tra i quali più d’uno hanno votato a Bruxelles a favore del Ceta, ma in Veneto contro, si ravvedano, ricordando che sono stati eletti dal popolo, di cui devono essere espressione.
28 Luglio 2017
Sul Ceta una scelta attenta