Terra sinonimo di denaro, prodotti agroalimentari impiegati per costruire complesse dinamiche finanziarie e speculative, una fitta rete di contraffazioni alimentari studiate per distruggere le economie di interi paesi. La lettura è indubbiamente forte, ma rispecchia con grande fedeltà lo scenario che abbiamo di fronte ogni giorno. Le nostre imprese lavorano grazie al lavoro delle famiglie per garantire prodotti capaci di offrire appena un minimo ristoro rispetto alle spese sempre più rilevanti ed al modesto prezzo riconosciuto per la vendita di vere e proprie eccellenze. Questo, però, è soltanto un lato della medaglia. Dall’altra parte, infatti, si nascondono coloro i quali sfruttano la terra in modo becero, se ne impossessano non per produrre cibo, alimenti fondamentali per la vita, con amore e dedizione, ma costruiscono complessi sistemi finanziari finalizzati unicamente alla produzione di denaro. Ed è così, quindi, che viene a cadere ogni valore legato al nostro lavoro. Viene meno l’etica della produzione, la morale che ci permette, non in pochi casi, di ritrovare la motivazione che spesso cade a picco di fronte alle molteplici avversità gestionali di un’azienda agricola. Nessuno si chiede, poi, cosa accade quando un’azienda agricola chiude i battenti, specie nei territori più difficili da coltivare, dove nessun imprenditore rischia di realizzare un sistema imprenditoriale dai guadagni decisamente contenuti e con un rischio perdita elevatissimo. Ebbene, in quei territori il venir meno di un’azienda agricola si traduce con la fine del presidio del territorio. Un danno che non colpisce soltanto l’azienda che subisce questo processo, ma l’intera economia locale, che si vede privata di un soggetto di tutela dell’ecosistema. Non dobbiamo mai dimenticare, infatti, che ciascuno di noi non opera soltanto per il profitto, per il mantenimento dignitoso della propria famiglia, ma anche per salvaguardare il valore del territorio e dei prodotti che esso garantisce. Analogo ragionamento, evidentemente, può essere fatto per gli allevatori, che con i propri animali presidiano, non di rado, territori altrimenti abbandonati, dove viene eseguita una costante opera di programmazione e salvaguardia. Una presenza fortemente sentita anche nelle zone della prima cintura extraurbana, laddove la manutenzione della ruralità è pressoché inesistente e l’intervento del nostro mondo imprenditoriale appare irrinunciabile. Non dobbiamo scordare, quindi, che il valore di ciò che produciamo è legato al lavoro e non può e non deve essere oggetto di mediazioni finanziarie o trovare la propria radice in attività speculative dietro alle quali si celano quasi sempre meccanismi incontrollati ed incontrollabili che rischiano di minare la qualità dei prodotti agroalimentari, che ci danno la vita e, persino, il valore stesso del nostro lavoro, sempre più sottostimato e deprezzato. Il nostro spirito intraprendente e fiero del compito che abbiamo scelto o che ci è stato tramandato, deve portarci ad operare con orgoglio e buon senso, sempre avendo quali riferimenti delle nostre azioni i valori che ci hanno mosso a lavorare la terra: un privilegio ed un onore che dobbiamo vivere con passione ed amore, anche resistendo ad illusori profitti fondati sull’inganno e la manipolazione del mercato, che dobbiamo invece ricondurre alla normalità, favorendo l’espansione dei nostri Mercati di Campagna Amica e delle Botteghe.